Cap. 7

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  1. Caramella_Tossica
     
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    Cap. 7



    Gerard abita in un appartamento fuori città, quindi devo prendere la metropoilitana per andarci. Per tutto il tragitto, guardo fuori dal finestrino, fissando le rotaie e pensando alle domande da fargli. Sono così sconvolta e confusa da quello che è successo…. ho sempre saputo che in Gerard c’è qualcosa di cui non sono a conoscenza, qualcosa di oscuro e pericoloso… Cerco di non pensarci troppo, ma nel suo sguardo c’è qualcosa che mi inquieta, e per quanto tenti di non darci troppo peso l’idea che possa nascondermi qualcosa è un pensiero costante.
    Ora ho un pretesto per fugare tutti i miei dubbi, ma ho paura di quello che potrei scoprire…
    Quando scendo dalla metropolitana vengo avvolta dall’oscurità. Scorgo il palazzo dove abita Gerard, illuminato dalle luci fioche delle finestre.
    Arrivata sulla soglia del portone saluto Alfred, il portinaio, il quale si è stranamente affezzionato a me. Da qualche tempo a questa parte, sono praticamente un’ospite fissa a casa di Gerard, e il buon vecchio Alfred non perde occasione per chiedermi come vanno le cose tra di noi. Infatti, anche stasera mi apre mi apre la porta con il suo solito sorriso aperto e sincero.
    “Ciao bambina. Come mai a quest’ora tarda? Non sarà per caso successo qualcosa? Se avete litigato, ci penso io a far rigare dritto quel disgraziato…”
    Alfred ha un rapporto molto paterno con Gerard; lo rimprovera proprio come un vecchio padre farebbe con un figlio un po’ scapestrato.
    “Niente del genere Alfred; avevo solo bisogno di vederlo.”
    A questo punto il vecchio mi sorride con dolcezza, per poi alzare gli occhi al cielo.
    “Ah, l’amore! “ sospira, e la sua risata sommessa mi accompagna su per le scale. L’ascensore, come al solito, è guasto, quindi mi tocca fare cinque piani a piedi.
    Appena arrivo davanti all’appartamento di Gerard, faccio un bel respiro e fisso il campanello, prendendo tempo.
    Suono per due volte; ormai è diventata un’abitudine.
    Sento dei passi provenire dall’interno dell’appartamento, e pochi secondi dopo, Gerard mi apre la porta.
    Ha i capelli spettinati, e indossa la sua solita camicia bianca e i pantaloni neri.
    E’ persino più bello di un’ora fa.
    Mi guarda con aria stupita, piegando leggermente la testa da un lato.
    “Ciao piccola. Non ti aspettavo… entra pure.”
    Gli sorrido, per poi seguirlo dentro al suo appartamento.
    Sento la porta chiudersi alle sue spalle.
    La sua casa è un trilocale, composto da una sala, una camera da letto e un cucinino. E’ piuttosto piccola, ma per lui è perfetta: è intima ed accogliente, proprio come Gerard. Mi fermo di fianco allo scaffale dove tiene tutti i suoi libri, (sulla cima troneggia Delitto e Castigo di Dostojevskii) e ripercorro con un dito il profilo dei volumi, in silenzio. Sento il suo sguardo fisso su di me, ma non so come iniziare il discorso…
    Ad un tratto, sento la sua mano afferrare la mia, togliendola dai libri.
    Lo guardo negli occhi, mentre lui avvicina la mia mano alle sue labbra. Mi prende entrambe le mani tra le sue, cercando di scaldarmele. Sono gelide. Si avvicina al mio viso, come per baciarmi.
    Mi scosto gentimente da lui, liberando le mie mani dalla sua stretta.
    Mi siedo sul suo divano, fissando il pavimento.
    Lui si inginocchia davanti a me. Mi accarezza teneramente il viso.
    “Cos’è successo?” Mi chiede dolcemente.
    Sospiro, prendendo coraggio.
    “Devo chiederti una cosa, e devi giurare di dirmi tutta la verità.” gli dico in un sussurro.
    Lui, senza cambiare espressione, annuisce lentamente.
    “Cosa vuoi sapere?”
    Lo fisso negli occhi, cercando le parole giuste.
    “Forse non te ne ho mai parlato, ma il mio migliore amico si chiama Glen Beaufort.” Appena sente il cognome di Glen, Gerard si irrigidisce impercettibilmente.
    Io lo noto subito, quindi decido di andare avanti con le mie domande, ignorando l’inquietudine che sta crescendo dentro di me.
    “Ti dice qualcosa questo nome?” Gli chiedo, continuando a fissarlo dritto negli occhi.
    Gerard abbassa lo sguardo, per poi alzarsi e dirigersi verso il frigo.
    Lo apre e prende una birra. Ne beve un sorso, e poi si gira nuovamente verso di me con un sorriso.
    “Mi spiace. Mai sentito nominare.” Mi risponde, cercando di essere naturale. Nel suo sguardo c’è qualcosa che mi insospettisce.
    Rimango qualche minuto in silenzio, osservandolo mentre finisce di bere la sua birra. Quando la bottiglia rimane vuota, torna a guardarmi sorridente.
    Sa perfettamente che non bevo, ma di solito me ne offre sempre un po’… è come se non avesse voglia di rivolgermi la parola.
    “Stai mentendo.” Dico a bruciapelo. La mia voce è sicura, decisa. Non sembra nemmeno provenire da me.
    Il sorriso di Gerard si incrina, per poi tramutarsi in una risata nervosa.
    “Non ti si può proprio nascondere nulla…” dice a mezza voce.
    “Sapevo che prima o poi me l’avresti chiesto… ho sempre temuto questo momento.”
    Si siede sulla poltrona di fronte a me, senza guardarmi.
    Io rimango in silenzio, aspettando che parli.
    Alza gli occhi su di me e mi osserva per qualche secondo.
    “E’ vero, ti ho mentito. Sai, non amo parlare di questa cosa, anzi, mi distrugge.” Rigira tra le mani la bottiglia vuota, sospirando sommessamente.
    “Fa parte del mio passato, ovvero di qualcosa con cui non voglio avere più niente a che fare.”
    Mi fissa dritto negli occhi, quasi con dolore.
    “Però tu hai il diritto di sapere chi sono stato, ed io ho il dovere di dirti la verità.”
    Lo guardo a mia volta, capendo che le parole che mi dirà mi faranno del male, anche se non volontariamente.
    Gerard abbassa lo sguardo sul pavimento, come se cercasse le parole giuste.
    “Esattamente due anni fa, ho conosciuto una ragazza. Si chiamava Edie.” Appena pronuncia questo nome, sul suo viso compare quasi una smorfia di dolore.
    “Era più giovane di me di tre anni. Bella, indomabile, orgogliosa, fragile…ti assomigliava molto. L’ho conosciuta ad una mostra di quadri. L’autore era Turner, se non sbaglio. Di lei mi aveva colpito una cosa: mentre osservava i dipinti, aveva qualcosa nel suo sguardo che mi riempiva di ammirazione e anche un po’ d’invidia. Era come se riuscisse ad isolarsi completamente dal resto del mondo, ed entrare negli scenari fumosi e romantici di Turner rendendoli ancora più belli.
    Diventava lei stessa arte.. si, credo che sia il miglior modo per descriverla.” A questo punto, (mi vergogno a dirlo) mi sento molto gelosa di questa misteriosa ragazza, capace di affascinare così tanto Gerard. Naturalmente, faccio finta di niente e rimango ad ascoltare in silenzio.
    “Non ho potuto non andare a conoscerla. Mi sono avvicinato con una scusa sciocca, e da quel momento abbiamo incominciato a parlare. Era speciale, unica. Dopo due mesi che ci frequentavamo, ho deciso di confessarle quello che provavo. Ci avevo pensato su molto, anche perché non ne sono stato sicuro fino a quando non mi sono trovato davanti a lei. Era la prima persona di cui mi sia veramente innamorato, o almeno una delle poche donne che mi abbia fatto sentire così.” Si zittisce, e poi alza lo sguardo su di me, fissandomi. Io arrossisco di botto, un po’ per le intime confidenze che mi sta facendo, un po’ perché incomincio ad essere davvero gelosa di questa Edie, il che mi imbarazza parecchio.
    Gerard sorride, probabilmente intuendo quello che sto pensando, ma io abbasso lo sguardo sperando che vada avanti con il suo discorso.
    “Comunque, quando ho deciso di confessarle i miei sentimenti, ho scoperto che anche lei si era innamorata di me.” Dice, continuando (con mio grande sollievo) a raccontare.
    “Non potevo essere più felice: tutto andava per il verso giusto, e lei era meravigliosa. Ma, come sempre, le cose cambiano. Sono sempre stato una persona piuttosto fragile, anche se col tempo ho imparato a riflettere di più e a non commettere più gli stessi errori.A causa di questa mia debolezza, ho fatto parecchie scelte sbagliate. All’epoca, quando stavo con Edie, la mia carriera da “poeta” stava andando piuttosto bene. Si parlava persino di pubblicare una raccolta delle mie opere più belle. Avevamo comprato una piccola casa in periferia; niente di pretenzioso, ma noi la consideravamo il posto migliore dove vivere. Purtroppo, nel mondo dei cosiddetti “artisti” ci sono parecchie insidie, dal quale non sono riuscito a difendere né me né Edie.” Smette di parlare e mi guarda negli occhi.
    “Sto parlando della droga, Wendy.” Io ricambio il suo sguardo, sgranando gli occhi. Che cosa significa?
    Lui sposta lo sguardo altrove, come se si vergognasse delle sue parole.
    “Quando sei in certi ambienti è quasi inevitabile aver a che fare con cose del genere, e bisogna essere completamente in pace con sé stessi per non caderci, o perlomeno avere un poco di buonsenso, cose che né io né Edie possedevamo. Eravamo giovani, inebriati dalla parvenza di libertà e di trasgressione che quel mondo così patinato e perfetto ci trasmetteva. Inoltre, avevamo paura di perdere tutto, e non eravamo nemmeno sicuri del nostro amore; eravamo soli, soli persino con noi stessi. E’ stato fin troppo facile passare dal fumo a cose più pesanti.”
    Durante tutto il discorso Gerard non mi guarda, e io sono quasi sollevata che non lo faccia. Non so come reagirei se mi guardasse negli occhi… avrei paura di quello che potrebbe leggerci dentro.
    “Siamo andati avanti così per un anno, e l’abusare di droghe era diventato routine. I fori sulla nostra pelle erano talmente evidenti che Edie non riusciva nemmeno a coprirli con il fondotinta. Mi ricordo dei suoi occhi pieni di lacrime che mi fissavano, mentre tentava disperatamente di coprire i segni del mostro che la divorava dentro con un semplice cosmetico. Io ci convivevo con il mio mostro, non tentavo neanche di nasconderlo. Lo facevo per dare ad Edie un punto di riferimento o semplicemente perché mi facevo troppo schifo per iniziare a reagire? Non l’ho mai capito. Ci avevano sfrattati, non sapevamo dove andare, ci siamo ritrovati persino a dormire per starda. Le mie poesie non vendevano, e qiundi ho perso tutti i contratti che avevo fatto con le case editrici. i pochi soldi che avevo guadagnato li spendevo per comprare le dosi per me e per Edie, così non avevamo più nulla. Incominciammo a rubare; furtarelli di poco conto, solo per procurarci la roba. Una notte, sono riuscito ad affittare una camera d’albergo per due, visto che Edie stava male.
    Nel pomeriggio eravamo riusciti a procurarci una dose di eroina, e ne avevamo così tanto bisogno che ce la siamo iniettati tutta in una volta. Edie non l’aveva retta, e quindi aveva incominciato a tremare come una foglia e a dire che sentiva molto freddo.
    L’ho portata in albergo e le sono stato vicino tutta la notte. L’avrei portata in ospedale, ma lei si rifiutava di andare in un posto dove secondo lei l’avrebbero trattata come un rifiuto. E’ stata la notte più lunga e orribile della mia vita. All’alba, Edie aveva tremato per l’ultima volta, con le lacrime che le scendevano lungo le guance. E’ morta tra le mie braccia, senza che io potessi fare niente. Ricordo che ho chiamato la polizia dal telefono dell’albergo, visto che avevamo diritto ad una sola telefonata per tutto il soggiorno, dicendo che c’era un cadavere di una ragazza nella stanta 412. Sono fuggito dalla porta di servizio, correndo più che potevo. Sapevo che non potevano darmi nessuna responsabilità riguardo all’accaduto, ma non volevo essere visto da nessuno. Quella è stata l’ultima volta che ho visto Edie, pallida e immobile, ma bella come non mai.Sono caduto nella depressione più nera per sei mesi, fino a quando non ho incontrato tua madre. Da questo punto la stroia la conosci già.” Smette di parlare, senza però alzare lo sguardo su di me.
    Mi asciugo le lacrime, incapace di dire qualsiasi cosa. Non so neanche perché ho pianto… probabilmente perché la sofferenza che provava Gerard nel raccontare la sua storia e quella di Edie era così evidente da coinvolgermi completamente. Mi sento in colpa per avergli fatto ricordare tutto questo, ma d’altronde lui stesso ha detto che ho il diritto di sapere. Una sola cosa non mi è chiara: Glen cosa c’entra in tutto questo?
    Alzo lo sguardo su Gerard, e mi rendo conto che mi sta guardando. Sul viso ha l’ombra di un sorriso, ma sembra che gli costi molto.
    “Mi dispiace tanto. Lo so che non serve a molto, però… non so veramente cosa dire.” sussurro tutto d’un fiato, cercando di non sembrare troppo scontata, fallendo miseramente.
    Lo guardo negli occhi abbozzando un sorriso, anche se l’unica cosa che ho voglia di fare è piangere.
    Lui si alza dalla poltrona, venendo a sedersi di fianco a me.
    Mi giro verso di lui. Gerard mi accarezza le guance, come se cercasse di calmarmi.
    Si avvicina lentamente, per poi sfiorami le labbra con le sue. Rispondo al suo bacio, sperando che capisca che comprendo il suo dolore.
    Quano si stacca dolcemente da me, lo trattengo, circondandogli il collo con le braccia.
    “Ti sarai chiesta come mai Glen sembra odiarmi così tanto.” mi dice, parlando tra i miei capelli. Sciolgo l’abbraccio, ma continuando a tenere le sue mani tra le mie.
    “Già. Per caso Edie era una ex di Glen? Non credo che sia così, altrimenti me ne avrebbe parlato… sai, ci conosciamo da quando siamo nati.” gli dico, un po’ titubante. E’ vero che io e Glen ci diciamo tutto, ma certe cose non si raccontano nemmeno alla migliore amica, anche se stento a crederlo…
    “Niente di tutto ciò, bambina.” la voce di Gerard si fa estremamente seria.
    Mi guarda negli occhi, e io ricambio il suo sguardo.
    “Edie era la sorella di Glen.”
     
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