Cap. 5

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  1. Caramella_Tossica
     
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    Cap. 5



    E’ passat più di un mese dal nostro ultimo incontro, e io e Gerard ci vediamo regolarmente.
    Gli ho fatto vedere alcune delle mie opere, data la sua insistenza. Le adora, e io non faccio altro che arrossire di piacere tutte le volte che decanta le lodi del mio tratto pulito e deciso.
    E’ così strano…
    Quando sono con lui non penso a nulla: né a mio zio, né a mia zia, né a Glen…. Certe volte non penso nemmeno a mia madre. Lui è talmente affascinante… starei ad ascoltarlo per ore. Ha questa strana capacità di coinvolgermi completamente in quello che dice, senza far pesare la sua intelligenza.
    Oggi abbiamo un appuntamento. Ha detto che verrà a prendermi alle tre e mezzo, per portarmi in un posto che conosce solo lui. Sono curiosa di vedere dove mi porterà… una delle sue migliori qualità è quella che sa sempre stupirmi.
    Sono le tre e un quarto e io sono già pronta. Mia zia si aggira per le stanze, scoccando occhiate nervose all’orologio. Sa dell’appuntamento, e quindi non perde occasione per tartassarmi di domande. Non so quante volte le ho spiegato che tra me e Gerard non c’è niente, ad eccezione di una bella amicizia. Purtroppo lei non riesce a convincersi e quindi ha voluto incontrarlo di persona.
    Sono un po’ preoccupata…
    “A che ora ti viene a prendere?” Mi chiede zia Rachel, con voce ansiosa.
    “Alle tre e mezzo” Le rispondo sospirando.
    “Spero che sia puntuale. Io ho sempre odiato i ritardatari. Dovresti farlo anche tu.” Incomincia a spostare meccanicamnete i soprammobili sul ripiano del camino, e a sprimacciare i cuscini.
    Mio zio entra in cucina, alza gli occhi al cielo e cinge gentilmente i fianchi di sua moglie, costringendola a sedersi di fianco a lui sul divano immacolato.
    “Tesoro, non è il caso di agitarsi così. Non sarà la prima volta che la nostra Wendy esce con un ragazzo, no?” Dicendo questo, mio zio mi guarda sorridendo, facendomi l’occhiolino.
    Io arrosisco di botto.
    “Non ci sto uscendo. Insomma… è solo un amico…”
    “Certo, certo.” Asserisce zio Jack, accarezzando lentamente zia Rachel, che mi guarda con apprensione.
    Ad un tratto, suonano alla porta. Finalmente! Guardo l’ora: le tre e mezzo in punto. La zia sarà contenta.
    Corro ad aprire la porta.
    Gerard è davanti a me, con il suo solito sorriso.
    “Buon pomeriggio piccola Wendy.” Mi prende la mano e se la porta alle labbra. E’ un gesto a cui ormai mi sono abituata. Purtroppo per zia Rachel non è così, quindi ci interrompe schiarendosi la voce.
    “E così tu saresti Gerard… Wendy ci ha parlato tanto di te.” La voce della zia ha un tono quasi accusatorio.
    Gerard le risponde sorridendo, ignorando il suo atteggiamento bellicoso.
    “Piacere di conoscerla, signora. Lei deve essere Rachel… mentre lei è Jack, se non sbaglio.”
    Mio zio fa capolino dietro a sua moglie, stringendo calorosamente la mano a Gerard.
    “Lieto di fare la tua conoscenza, ragazzo mio”
    Prima di uscire, mio zio mi abbraccia. Lo stesso fa mia zia, la quale sembra aver cambiato idea su Gerard.. è arrossita lievemente ai suoi complimenti, e ha messo i fiori che mi ha regalato nel vaso più bello che ha.
    Usciamo di casa, e Gerard mi fa salire in macchina, aprendomi la portiera. Gli mormoro un grazie, allacciandomi la cintura di sicurezza.
    Finalmente, vedo la mia casa allontanarsi.
    “Li hai proprio conquistati” gli dico dopo un po’ che siamo in viaggio.
    Lui ride, e la sua risata roca mi scalda il cuore.
    “Faccio del mio meglio…” mi risponde, accendendosi una sigaretta.
    La strada scivola sotto le ruote, e mi accorgo che il paessaggio è cambiato; ormai siamo in aperta campagna.
    “Ma dove stiamo andando?” chiedo a Gerard stupita.
    Lui mi guarda sorridendo
    “Vedrai.”
    Viaggiamo per più di un’ora, e quando arriviamo mi rendo conto di essere lontanissima dalla città.
    Scendo dalla macchina, cercando di orientarmi. E’ un posto sconosciuto, per me.
    La strada è completamente vuota, se non per pochissime macchine che sfrecciano a tutta velocità.
    Siamo cicondati da un bosco, il quale sembra profondissimo.
    Guardo Gerard con aria dubbiosa, ma lui non sembra minimamente preoccupato. Ha parcheggiato l’auto ai margini del bosco, in modo da non intralciare il passaggio.
    Ad un certo punto mi prende per mano.
    “Vieni.” Mi dice, per poi ad incamminarsi verso il bosco, che è incredibilmente buio.
    Io mi ritraggo, esitante.
    “Hai paura?” Gerad mi guarda con aria interrogativa, ma sembra anche divertito.
    Faccio di no con la testa, sperando che ci creda. Ma, ovviamente, lui mi conosce troppo bene.
    Mi prende entrambe le mani, stringendomele.
    “Non devi essere spaventata. Conosco questo posto come le mie tasche. Ci venivo da quando sono bambino. Te la senti di fidarti di me?”
    Mi guarda, e non posso resistere al suo sguardo. Tenendomi la mano, mi porta dentro al bosco, che si rivela più luminoso di quanto pensassi.
    Camminiamo per un po’, quando Gerard si blocca. Si gira verso di me.
    Si avvicina, e mi sussurra all’orecchio.
    “Chiudi gli occhi”. Io gli obbedisco, nonostante sia un po’ spaventata.
    La sua mano mi guida in mezzo agli alberi; lo capisco quando le foglie mi accarezzano il viso.
    Ad un certo punto si ferma, e mi lascia la mano.
    Spaventata, lo cerco senza aprire gli occhi.
    Dopo pochi secondi, è dietro di me e mi cinge i fianchi con le mani.
    Sussulto a quell’improvviso contatto.
    “Puoi aprire gli occhi, ora.” Mi dice dolcemente.
    Li apro, e quello che vedo mi toglie il fiato.
    E’ come se la natura avesse trionfato su tutto. Un’enorme quercia si erge nel mezzo di una radura immensa, che si distende in mezzo agli alberi. La luce è talmente pura che i ferisce gli occhi.
    “E’ così pieno di pace qui…” dico ad un tratto, quasi senza accorgermene.
    Una leggera brezza mi avvolge, facendomi quasi rabbrividire.
    “E’ bellissimo, vero?” Mi chiede Gerard, stringendomi ancora i fianchi.
    “Lo è.” Inspiro profondamente.
    Improvvisamente, mi abbraccia da dietro.
    Io mi irrigidisco, stupita. Ridendo, mi lascia per andarsi a sedere sotto la quercia.
    Io lo seguo, sedendomi di fianco a lui.
    Stiamo in silenzio per non so quanto tempo. Non c’è bisogno di parlare. La natura lo sta facendo al nostro posto.
    C’è qualcosa, nell’aria. Qualcosa di impalpabile, ma estremamente presente. Non riesco a capire che cos’è, quando, ad un tratto…
    “Mia madre è stata qui. vero?” Chiedo improvvisamnete a Gerard, rompendo il silenzio.
    Lui mi guarda stupito.
    “Certo, l’ho portata qui esattamente un anno fa. Ma come hai fatto a capirlo?” Mi chiede.
    Lo guardo.
    “Non lo so… è una cosa indescrivibile. E’ come se lo sentissi…” Socchiudo gli occhi, lasciandomi accarezzare dal vento.
    “Dio, quanto le somigli…” mi dice ad un tratto Gerard, con un tono di voce così strano da farmi aprire gli occhi.
    Lo guardo bene, e mi accorgo che sta piangendo. Una sola lacrima gli cade sul viso, incredibilmente sofferta.
    Esterrefatta, lo fisso senza dire una parola. Mi ha sempre commosso il pianto di un uomo, ma il suo mi sconvolge.
    Impassibile, si asciuga il viso e si gira a guardarmi, con gli occhi ancora lucidi.
    La sofferenza del suo sguardo è talmente intensa che mi costringe ad abbassare lo sguardo.
    “Scusami. Non volevo farti vedere quanto posso essere debole.” Gerard si mette gli occhiali da sole.
    Sembra imbarazzato..
    D’istinto glieli tolgo, posandoli sull’erba. Lui mi guarda, con un’espressione indecifrabile, ma talmente intensa da farmi arrossire.
    “Sei una delle persone più forti che conosca. Saper esprimere le proprie emozioni non è affatto una debolezza, neppure per un uomo.” Gli dico tutto d’un fiato, senza guardarlo negli occhi.
    Lo sento ridere con amarezza.
    “Quanto ti sbagli, bambina.” Si alza di scatto, appoggiandosi alla corteccia della quercia.
    Mi alzo anche io, guardandomi intorno. La radura è deserta, ancora più bella di prima.
    Improvvisamente, Gerard mi prende per le braccia e mi appoggia al tronco dell’albero, mettendosi davanti a me.
    Mi accarezza i capelli, e poi il viso. Si ferma e mi osserva, per un tempo che mi sembra infinito.
    “Che..che cosa c’è?” Gli chiedo, imbarazzatissima.
    Lui mi guarda con un sorrisetto che non mi piace per niente.
    Si avvicina per sussurrarmi all’orecchio. “Stai tremando.”
    Mi scosto bruscamente da lui, spingendolo via.
    Non sopporto che mi prenda in giro.
    Lui incomincia a ridere e prendendomi di sorpresa mi abbraccia da dietro, circondandomi il busto con le braccia.
    “Non ti sarai mica offesa…” cerco di liberarmi, ma lui è più forte.
    Mi arrendo, ma senza abbandonarmi tra le sue braccia. Gerard mi bacia i capelli e finalmente mi libera, ridacchiando.
    Scocciata, mi siedo più lontano possibile da lui, come se non potesse raggiungermi.
    Infatti, mi segue e si siede di fronte a me, squadrandomi.
    “Che diavolo vuoi?” Gli chiedo arrabbiata, sperando che lui smetta di fissarmi così.
    “Andiamo…. Non intendevo mancarti di rispetto. Non ce l’avrai mica con me, vero?”
    Lo guardo accigliata, credendo che il mio sguardo possa farlo sentire in colpa. Improvvisamente, Gerard smette di sorridere.
    Si avvicina a me, e mi prende il viso tra le mani.
    Accade tutto nel giro di un attimo, senza che io abbia il tempo di reagire. Le sue labbra si posano sulle mie, e io d’istinto chiudo gli occhi.
    Il suo bacio è come una carezza, una di quelle che non ho mai ricevuto. E’ pieno di sensazioni, di tenere promesse…
    Ad un tratto lui si stacca da me, ma io non ho il coraggio di aprire gli occhi.
    Non voglio che quell’atmosfera così bella svanisca…
    Sento la sua mano che prende la mia, e io alzo gli occhi su di lui.
    Ha uno sguardo strano, quasi non avesse voglia di guardarmi.
    Mi tira su dall’erba, e io mi alzo controvoglia.
    “Devo portarti a casa. Si sta facendo buio.”
    La sua voce è piatta, spenta. Mi guida tra gli alberi, e poco a poco ci lasciamo la radura alle spalle, quel luogo magico in cui il tempo si è fermato per noi.

     
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