Cap. 3

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  1. Caramella_Tossica
     
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    Cap. 3



    Piove a dirotto. Sono bagnata fradicia, ma la cosa non mi infastidisce. Ma che diavolo ci faccio qui?
    Sono in un parco, molto simile a quello in cui sono stata poche ore fa….
    “Wendy? Sei tu?”
    Oh, Dio.. non può essere..
    Mia madre è sul ciglio della strada, con un braccio proteso verso di me.
    Faccio per raggiungerla, ma non riesco a muovermi. I miei piedi sono come ancorati al terreno.
    Mia madre inizia a diventare trasparente…
    Cerco di urlare, ma il suono mi muore in gola.
    L’odore conosciuto di una Malboro mi entra nelle narici, tappandomele. E’ denso, terribile.
    Non riesco a respirare. Dio, qualcuno mi aiuti…
    Tutto il parco incomincia a tremare. Mia madre ormai si è dissolta, senza darmi la possibilità di raggiungerla. Il terreno si spacca sotto i miei piedi, e io inizio a precipitare…
    “MAMMA!”
    Mi alzo di scatto. Gli alberi e l’erba sono spariti, lasciando il posto ai miei poster e all’odiata moquette di camera mia.
    ‘Fanculo. Solo uno stupido sogno.
    Ho il fiatone, e il pigiama mi si è incollato addosso per il sudore.
    Scosto con rabbia le coperte, decisa ad alzarmi.
    Guardo l’ora. Le dieci… devo decisamente sbrigarmi.
    Vado in bagno, e mi butto sotto la doccia.
    L’acqua lava via tutta l’inquietudine post- incubo, e mi sento già meglio.
    Mi metto addosso le prime cose che mi capitano sotto mano. Mi metto un po’ di cipria , tanto per evitare l’effetto zombie; un filo di matita nera e sono abbastanza presentabile. Guardo allo specchio la mia immagine riflessa: I miei capelli, lunghi fino alle spalle, sono nerissimi, come quelli di mia madre; gli occhi li ho ereditati da mio padre, e a dire il vero sono l’unica cosa che mi è sempre piaciuta di me. Sono verde -azzurro, quasi acquamarina.
    Cerco di pettinarmi in modo da non sembrare uno spaventapasseri, fallendo miseramente. I miei capelli non vogliono collaborare.. beh, pazienza.
    Suonano alla porta. Deve essere Glen.
    Mi fiondo giù dalle scale, rifiutando la colazione che mi zia mi ha preparato con tanta cura; non mangio mai al mattino. Lo so, pessima abitudine.
    Mio zio mi saluta con un sorriso gentile, e dopo avermi dato un bacio sulla fronte mi sussurra un “stai attenta e divertiti”.
    Ricambio il sorriso, abbracciandolo.
    Dico ai miei zii che sarò di ritorno per l’ora di cena, e finalmente si decidono a lasciarmi andare.
    Appena entro in macchina, Glen mi scompiglia i capelli sorridendo.
    “Dormito bene tesoro? Lo spero.. anche perchè dovrai pogare di brutto!”
    Probabilmente il mio migliore amico non ha notato le occhiaie, ma preferisco lasciar perdere e farmi contagiare dal suo entusiasmo.
    Viaggiamo per una mezz’ora buona, e per tutto il viaggio Glen non smette di parlare. Lo capisco, dev’essere così emozionato… Ad un certo punto, mi viene in mente una domanda…
    “Glen?”
    Noto che il mio amico prende un cd dalla custodia, e lo infila nell’autoradio.
    “Si?”
    “Come si chiama il posto in cui suonate?”
    Le note iniziali di “Thank You For The Venom” sembrano fatte apposta per quello che sta per dirmi…
    “Il “Bella Muerte”. Perché? Lo conosci?”
    Sgrano gli occhi dalla sorpresa. Non ci posso credere. Non credevo di rivederlo così presto, dopo tutto quello che gli ho detto ieri sera…
    “Wendy, che succede? Chi c’è in quel locale?” mi chiede Glen, preoccupato dalla mia reazione.
    Decido di mettere a tacere tutti i suoi dubbi, sorridendogli e dicendogli che è tutto a posto.
    Visibilmente convinto, Glen torna a tamburellare le dita sul volante, a ritmo di musica.
    Fisso la strada, incapace di dire qualsiasi cosa. Come devo comportarmi? Perché mi sono cacciata in questo casino? Ripenso a quello che ho detto a Gerard ieri sera, ai miei modi bruschi…
    Non volevo offenderlo, è solo che mi fa imbestialire… tutta la sua sicurezza, il suo essere presuntuoso mi innervosiscono. Non sopporto la sua presenza, ma nello stesso tempo ogni volta che mi sfiora ho i brividi.. ma che diavolo mi sta succedendo?
    La macchina di Glen inchioda all’improvviso, facendomi sobbalzare.
    “Siamo giunti al capolinea, signorina. Pronta ad una giornata in pieno stile rock’n’ roll?”
    Mi dice Glen, facendomi l’occhiolino.
    Gli faccio un gran sorriso, decisa a divertirmi. Al diavolo, devo smetterla di farmi paranoie senza senso. Se ci sarà, gli ridarò il suo accendino e…
    Dannazione. Mi sono dimenticata di portarlo con me… ma d’altronde come facevo a sapere che l’avrei incontrato proprio oggi?
    Sovrappensiero, sfioro la tasca dei jeans. Sento che sotto la stoffa c’è un rigonfiamento…
    Frugo dentro alla tasca, e sento sotto le dita un piccolo oggetto di metallo. Lo tiro fuori; è proprio l’accendino di Gerard.
    “Uau! Che figata quell’accendino! Dove l’hai preso?”
    Mi dice Glen, cercando di prenderlo.
    Tiro indietro la mano, impedendo a Glen anche solo di sfiorarlo.
    “Ok, ok… non te lo rubo mica! Forza, ora scendiamo, siamo già in ritardo.”
    Glen scende dalla macchina, e poi mi apre la portiera. Lo fa sempre.
    La prima cosa che vedo è un’insegna.
    La scritta “Bella Muerte” gronda di sangue, illuminandosi ad intermittenza. Decisamente molto teatrale.
    Glen mi prende per mano, e finalmente entriamo.
    Il posto è immerso nella penombra, da quel poco che posso scorgere è molto grande. Vedo tavolini di legno, rotondi, sparsi per la sala; nel mezzo troneggia il palco, visibile da ogni angolazione.
    L’arredamento è decisamente in stile gotico. Le pareti sono decorate da ragnatele finte, che brillano alla luce fioca dei lampadari.
    Mi guardo intorno inquieta. Mi aspetto di veder comparire Gerard da un momento all’altro…
    “WENDYYYYYYY!!!!!!!!”
    Mi sento sollevare dalle braccia esili ma forti di un ragazzo vestito di nero e dai capelli scarmigliati.
    E’ il chitarrista della band di Glen, ed è un altro dei miei migliori amici.
    “Cristo Frankie, lasciala respirare!”
    E’ Bob a parlare, il batterista. Dietro di lui scorgo Ray, l’altro chitarrista e Mikey, il bassista.
    Dio, sono così felice di vederli…
    Quando Frank si decide a mettermi giù, corro incontro a tutti e tre e li abbraccio forte.
    “Ehi, non mi saluti?”
    “Charlie!!” Abbraccio anche la manager, nonché unica mia amica femmina.
    Provo un’ondata d’amore per tutti, e per la prima volta in un mese mi sento veramente serena.
    Per le due ore consecutive non mi preoccupo più di niente.
    I ragazzi suonano, e sono molto più bravi dell’ultima volta che li sentiti provare.
    Urlo e ballo come una matta, fino a farmi mancare il fiato. Sono così felice…
    Per l’ultimo pezzo, Glen decide di fare una ballata
    Le note struggenti di “Demolition Lovers” mi spezzano il cuore. Mentre canta, Glen guarda dalla
    mia parte, sorridendo. Lo sa che è la mia preferita…
    Quando Glen canta l’ultima nota a cappella, io sto ancora piangendo come una fontana.
    Lo so, lo so… sono dannatamente sentimentale. D’altronde, sono o non sono una ragazza?
    Applaudo fino a spellarmi le mani.
    I ragazzi smontano dal palco, decidendo di fare una pausa.
    Sorrido a tutti, complimetandomi.
    Chiedo a Charlie dov’è il bagno. Ho sicuramente il trucco sbavato…
    Mentre mi dirigo verso il punto che mi ha indicato la mia amica, sento uno strano brivido alla schiena. Mi viene sempre quando ho l’impressione di essere seguita…
    Mi giro di scatto, ma ovviamente non c’è nessuno.
    Entro in bagno, e mi spruzzo in faccia l’acqua gelida.
    Ancora quel brivido… decido di non farci caso.
    Esco dal bagno, attraversando il corridoio che lo divide dalla stanza principale. Il corridoio è composto da tante stanze che si susseguono.
    Ad un certo punto, qualcosa mi afferra il polso, tirandomi a sé, in una di quelle stanze.
    La porta si chiude, e vengo avvolta dall’oscurità.
    Provo ad urlare, ma una mano mi tappa la bocca.
    All’improvviso, la stanza si illumina e la luce mi ferisce gli occhi.
    Gerard è davanti a me, che tiene ancora la mano premuta sulle mie labbra.
    Notando il mio sguardo spaventato, mi libera abbassando lo sguardo.
    “Ma sei impazzito? Che ti è preso? Mi hai fatto venire un colpo!”
    Gli urlo, esasperata. Sto per dirgli qualcos’altro, ma il suo sguardo mi ferma.
    E’ arrabbiato, amareggiato.
    “Hai quello che ti ho chiesto?” mi chiede. La sua voce rispecchia il modo in cui mi ha guardata.
    Annuisco. Gli porgo l’accendino, senza dire una parola.
    Lui lo afferra, e poi si accende una sigaretta. Rimango ipnotizzata dalla fiamma blu che avvolge la brace, senza trovare il coraggio di rivolgergli ancora la parola.
    “Vuoi fare un tiro?” mi chiede lui, con tono sarcastico.
    Faccio di no con la testa.
    Mi si avvicina.
    “Perché mi fissi, allora? Non avevi detto che non ti importava niente di me e delle mie storie?”
    Mi si avvicina sempre di più, sorridendo.
    Indietreggiando, cerco di trovare le parole.
    “Io.. mi.. mi dispiace…” Balbetto imbarazzata.
    “Davvero?” Si ferma, tirando una lunga boccata alla sigaretta. Mi guarda con aria interrogativa, aspettando la mia risposta.
    Annuisco.
    “Allora vuoi sapere come facevo a conoscere tua madre?”
    Mi si avvicina e mi accarezza i capelli, guardandomi negli occhi.
    “Si.” Sussurro.
    Sorride, allontanandosi di poco.
    “Bene. Allora immagino che dovrò raccontarti tutto dall’inizio…”
    Si siede su un divanetto consumato al centro della stanza, che all’inizio non avevo notato.
    Mi fa segno di raggiungerlo.
    Obbedisco, sedendomi di fianco a lui.
    Con una calma studiata, si accende un’altra sigaretta e inizia a raccontare.
     
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