Tre "Urra!" Per Una Dolce Vendetta

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  1. Caramella_Tossica
     
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    Hola!!!
    Per iniziare, vorrei ringraziare Rima per aver creato questa nuova sezione. Come probabilnete voi non sapete, (almeno non tutti) la scrittura è una delle mie grandi passioni, oltre alla musica e al teatro. Ho scritto diversi racconti, ma quello che state per leggere è l'ultimo che ho iniziato. Dico "iniziato" perchè, ahimè, non sono ancora riuscita a completarlo. Se avete voglia di darci un'occhiata mi farebbe molto piacere. Ditemi cosa ne pensate! Enjoy your reading. :spaccaaaa:


    Tre “Urrà!! “Per Una Dolce Vendetta

    “Now c’mon, c’mon to this tragic affair…”
    Ah ah ah.
    La notte si fa beffa del mio insano gesto….
    Che poi è tanto insano? Non ho più niente da perdere. Non più. Nulla ha più senso.
    Spingo il pesante cancello di ferro, cercando di tenermi in piedi più che posso.
    Sono ubriaco fradicio. Lancio uno sguardo languido alla bottiglia di birra che ho in mano,che è logicamente vuota.
    Improvvisamente, mi metto a ridere. Rido come un pazzo, senza controllo.
    Mi accascio a terra, ansimante. Persino l’erba mi sembra contagiata dal mio patetico squallore…
    Mi metto la mano in tasca, la tiro fuori. Ah, Wendy…
    Si, l’ho chiamata come lei. Lei… l’unica cosa che importa, l’unica cosa per cui valeva la pena di vivere…
    Ma ora lei non c’è più.
    Ok, basta con questa fottutissima farsa. Sono esausto.
    Mi trema la mano mentre me la punto alla testa. Ho conservato un colpo, uno solo.
    Alzo il cane, lentamente.
    Lei me l’aveva detto. “Non siamo altro che tempo in attesa di essere trascorso, Gerard.”
    Doveva finire così.
    Ti amo, Wendy.


    FINE

    Cap. 1


    2 ANNI PRIMA. L’INIZIO DI TUTTO.
    “Mia sorella era una donna retta, pia, dedita alla famiglia. Che Dio l’abbia sempre in gloria...mi ricordo di quand’era giovane.. bella, priva di inibizioni… oh, Elena…”
    A questo punto, lo zio Jack si strofina il suo nasone rosso, in preda alla commozione. Lo so che sei sincero, zio. Forse sei l’unico qui dentro che le voleva bene come me, ma gli altri… oh Gesù, quegli schifosi ipocriti che si sforzano di sembrare commossi per la povera Elena, che per disgrazia ha tirato le cuoia…
    Ma certo. Tagliarsi le vene nella vasca da bagno è un fatto assolutamente naturale.
    Lo sapevano tutti. Sapevano che stava male, che la depressione era diventata insopportabile…
    Ma avevano fatto finta di niente, e mia madre era morta davanti ai loro occhi.
    Ed ora, gli stessi che l’hanno sempre ignorata e disprezzata, stanno lì a singhiozzare come povere vittime di un martirio spirituale.
    Mi fanno schifo. Li odio tutti, eppure dovevo venire. Lo dovevo fare, per lei.
    Lo zio Jack scende dal pulpito, allentandosi il nodo della cravatta. E’ visibilmente scosso. Si gira verso di me, e mi fa un sorriso tirato. Vorrei correre da lui e abbracciarlo, ma sono intrappolata tra due nonnette incartapecorite, che tremano e singhiozzano senza pietà. A dire il vero, non so nemmeno chi siano.
    Appena il prete pronuncia le ultime parole, mi faccio spazio tra la folla piangente e fuggo fuori dalla chiesa, esausta. Ho il fiatone quando irrompo nel salone dell’oratorio, perfettamente decorato per il buffet. Avrei voglia di distruggere tutto…
    “Principessa, sei tu?”
    Mi volto di scatto.
    “Scusa tesoro, non volevo spaventarti… non si respirava là dentro, eh?”
    Mio zio si lascia cadere su una sedia, sistemandosi la giacca troppo stretta. Mi guarda, e vedo le lacrime che affiorano pericolosamente nei suoi occhi.
    “Oh, Jack…”
    Rachel, sua moglie, si precipita a consolare suo marito, stringendolo a sé.
    Poco dopo, arrivano tutti gli altri, che non badando a convenevoli si avventano sul cibo.
    Incomincio a respirare affannosamente, in preda ad un attacco di panico. Mi succede spesso, da qualche tempo a questa parte. Mi aggrappo ad una tenda, barcollando.Due o tre uomini che non conosco si precipitano a sorreggermi, ma io li spingo via e corro verso l’uscita. Esco in giardino, dove cado in ginocchio, cercando di prendere fiato.
    L’aria fredda mi entra nei polmoni come la lama di un coltello. Dio… non ne posso più.
    Vorrei fuggire da tutto, da loro, da me stessa… sono sola, sola come un cane. Questa consapevolezza mi uccide.
    Respirando a fatica, mi avvicino alla lapide di mia madre, fresca di sepoltura.


    A quella donna volenterosa, piena di vita, madre esemplare e moglie devota.

    Elena Lee Rush, 1977 – 2007


    Bugie. Schifose bugie. Mia madre era una fallita, non aveva nessuna voglia di vivere!!
    Non sanno niente. Non possono saperlo. Come si sono permessi di scrivere queste stronzate, non la conoscevano come la conoscevo io… non l’odiavano e l’amavano come facevo io… perché questo falso buonismo? Stronzi, maledetti stronzi.
    Senza accorgermene, ho incominciato a piangere disperatamente. Non ho nemmeno la forza, la voglia di smettere. Strappo l’erba del praticello immacolato della chiesa, sporcandomi di terra e bagnandomi di lacrime disperate, consapevole di questa orribile certezza di essere completamente sola.
    All’improvviso sento l’aroma inconfondibile di una Malboro rossa.
    “Piangere è un inutile spreco di tempo. E poi non ti fa nemmeno sentire meglio.”
    Alzo gli occhi, e lo sconosciuto sorride senza guardarmi, disegnando nell’aria anelli di fumo con aria compiaciuta.
    Indossa grandi occhiali neri, che gli coprono quasi tutto il viso.
    Ha un vestito nero, con una cravatta dello stesso colore. La camicia, bianca, sembra sgualcita.
    I capelli scuri, corti, sono spettinati.
    Si siede di fianco a me, neanche minimamente preoccupato di sporcarsi.
    “Io adoro i funerali. Sono.. come dire? Terapeutici. Sei talmente occupato dal dolore degli altri che non hai tempo di pensare al tuo. Non pensi ad altro che a sembrare addolorato. Non trovi?”
    Lo fisso a bocca aperta.
    Lui se ne accorge, e scoppia a ridere. Ha una risata roca, strana.
    “Mi chiamo Gerard, piacere.”
    Mi porge la mano, come se si aspettasse che gliela stringessi.
    La fisso come se fosse una cosa arrivata dallo spazio. Non so se essere sconvolta o divertita da quello che ha detto… che tipo strano.
    Visto che non mi decido, lui prende la mia mano e sorridendo se la porta alle labbra.
    Io la tolgo di scatto. Non sono abituata a tutte queste attenzioni.
    Scoppia di nuovo a ridere.
    “Scusa… non intendevo offenderti. Dopotutto, che ci fai qui? Eri una parente della povera vecchia Elena?” indica con un cenno della testa la lapide di mia madre, tirando un’ultima lunga boccata e gettando il mozzicone senza curarsi di spegnerlo.
    “Ero sua figlia.” Lo dico sussurrando, in fretta, come se avessi paura di farglielo sapere.
    E forse ce l’ho davvero.
    Gerard cambia espressione. Me ne accorgo subito, anche se maggior parte del viso è nascosta dagli occhiali.
    “Oh Cristo.” Lo dice con un’ intonazione talmente stupita che non faccio a meno di ridere.
    Rido senza controllo, di gusto.
    Anche lui ride insieme a me, e quando siamo senza fiato, mi sdraio sull’erba umida.
    Lui mi imita, mettendo le mani incrociate dietro alla testa.
    “Ti manca?” mi dice ad un tratto.
    “Da morire.” Una lacrima mi scende su una guancia, dolorosamente. Se continuo a piangere e a ridere così, penserà che sono pazza.
    Gerard se ne accorge, e si gira verso di me. Mi porta via la lacrima con il polpastrello, delicatamente.
    Non dice niente per un bel pezzo, rispettando il mio silenzio. E’ molto gentile da parte sua starmi vicino, ma non ho il coraggio di dirglielo…ultimamente non ho più il coraggio di fare nulla.
    “Io mi chiamo Wendy, comunque.”
    Lui si alza, porgendomi una mano.
    Io la afferro, esitante. Mi tira su senza sforzo. Mi guardo intorno, ma il giardino è deserto come pochi minuti prima.
    Gerard si pulisce il vestito dagli ultimi residui di erba, sospirando.
    “Beh, piacere, piccola Wendy.”
    Gerard si abbassa gli occhiali sul naso come se volesse abbassare la guardia e i suoi grandi occhi verdi, intensi e malinconici mi fissano.
    Gli sorrido imbarazzata, incapace di distogliere lo sguardo da quel viso sconosciuto ma inspiegabilmente così familiare.
    All’improvviso una folata di vento mi scompiglia i capelli e mi costringe a chiudere gli occhi…è appena un attimo ma quando li riapro Gerard è scomparso nel nulla così come poco prima era apparso.
    Mi guardo intorno e lo vedo allontanarsi seguito da anelli di fumo…nell’aria l’aroma inconfondibile di una Malboro Rossa.
    Scruto il terreno cercando l’impronta dei nostri corpi: sull’erba schiacciata il riverbero del sole fa brillare oltre alla rugiada un oggetto di metallo. Mi chino, spostando i fili d’erba, vedo una pistola… in miniatura… un ciondolo? No, un accendino ! Lo provo: alzando il cane e tirando il grilletto, fuoriesce dalla canna un improvviso bagliore, una fiamma alta, azzurrognola.
    Istintivamente, mi volto decisa a chiamarlo per nome, ma non c’è più nessuno, nemmeno all’orizzonte.
    Penso allora che sono felice di avere con me quell’oggetto, quasi un ricordo, la traccia di uno sconosciuto di nome Gerard.
    Ad un tratto sento la voce di mio zio che mi riporta alla realtà. E’ ora di andare a casa.
    Casa… qual è il mio posto ora? Lei non c’è più. E’ rimasto il suo disordine, le sue cose più care…
    I pennelli, le tele, i colori… le sue emozioni, la paura di vivere intrappolate nei suoi quadri così apparentemente pieni di luce…
    Casa, non c’è più casa senza di lei. Questo vuoto mi spaventa. E pensare che la incolpavo sempre di rubare il mio spazio. Le dicevo di non sopportare le sue interminabili prediche ed ora il silenzio è assordante. Non so cosa darei per essere ancora soffocata da tutto il suo amore e “oppressa” dalla sua presenza…
    Infilo i pugni in tasca stringendo i miei rimorsi, i miei ricordi e… una “pistola”.
    Gerard, chi sei?
     
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  2. Strider345
     
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    Ho letto fino al capitolo 8 e per tutto lo scritto la mia immaginazione ha dipinto Gerard così:

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    Hai in mente di continuarlo? Perchè mi pare di aver capito che non finisce col capitolo 8! Spero di si, è molto interessante
     
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  3. Caramella_Tossica
     
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    Ma.... non è il prete di Trigun?
    Cmq si, continua... però non mi è ancora arrivata l'ispiration!!
     
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  4. Strider345
     
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    Precisamente, è Nicholas D. Wolfood, Gerard mi sembra simile
     
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3 replies since 26/8/2008, 13:59   289 views
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