Capitolo 5

Dettagli

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Strider345
     
    .

    User deleted


    Ero in galera da 3 anni e qualche mese. Persi il lavoro quando avevo 28 anni. Ora ne ho 37. Insomma, ci sono 6 anni della mia vita di cui non vi ho ancora parlato. Dopo che il negozio di fotografia fallì, mi ritrovavo per strada. Presto l'affitto, le rate e le tasse iniziarono a farsi sentire e finii tutti il miei soldi. Non che ne avessi molti, tanto che mi ritrovai a dover vendere libri, mobili, attrezzi, le mie macchine fotografiche, il mio computer. Avevo venduto tutto e dopo 3 mesi di affitto non pagato, mi sfrattarono. Non avevo altro luogo dove vivere. Mio padre morii quando avevo 10 anni e mia madre era in una casa di cura, mutilata dalle radiazioni della guerra. Per fortuna aveva la pensione di invalidità, dunque non potevo chiederle nulla. La andai a trovare una volta, era mostruosa. Non sembrava piu' un essere umano, aveva la pelle corrosa, e i medici dissero che non poteva nemmeno più comunicare, in quanto i suoi centri sensoriali erano stati distrutti. Andrò avanti così per 6 mesi, quando si tolse la vita. Non poteva vedere, sentire, parlare, odorare, toccare. Era coscienza pura. Un cervello distaccato dal mondo, poteva solo più pensare. Chissà se aveva percepito che ero andato a trovarla. Forse no. So solo che si uccise lanciandosi contro una finestra, dopo mille tentativi. Non sentiva dolore dicevano. Forse non si accorse nemmeno di morire.

    L'esperienza di mia madre mi segnò profondamente.
    Ma ci fu un'altra esperienza che mi segnò ancor più profondamente.

    Una sera qualche tempo dopo la morte di mia madre, camminavo per strada, cercavo da mangiare. Vivevo alla giornata, cercavo cibo nella spazzatura, bevevo nelle fontane, che, anche se irradiate, mi davano un po' di sostentamento.
    Mi avevano sempre detto quand'ero bambino che ero molto attento ai dettagli delle cose. Forse era vero, fatto stà che quella sera la mia vita cambiò profondamente. Sentii dei rumori strani, in un vicolo. Come un animale che ansimava e grattava. Ma insieme a questi rumori, anche un leggero mugulio. Erano dei rumori quasi impercettibili, ma riuscii a sentirli lo stesso questo dettaglio mi fece dirigere nel vicolo. Era alquanto buio, ma più lo percorrevo, più i rumori crescevano. Ad un tratto il mio animo già piuttosto scosso, arrabbiato e confuso, divenne ancor più scosso, arrabbiato e confuso. Ma sopratutto arrabbiato. La rabbia è il sentimento che ha caratterizzato la mia vita.
    C'era un uomo, non un animale, anche se la differenza era irrisoria. Sotto quest'uomo c'era un altro corpo. Con un letto di rifiuti, quell'uomo stava violentando una donna. Mi avvicinai abbastanza silenziosamente, anche se il maledetto ansimava abbastanza forte da non sentirmi assolutamente. Ciò che grattava erano le unghie della donna, ormai aperte e sanguinanti. Raspava la spazzatura, le braccia dell'uomo che le teneva la bocca con una mano e la penetrava violentemente. C'era sangue ovunque. Quell'immagine, cambiò la mia vita una volta per tutte. Brandii la prima cosa che mi capitò sotto braccio. A quel punto l'uomo si accorse di me, smise di ansimare e si girò: sembrava ubriaco, aveva le gote rosse e gli occhi lucidi.
    “Ehi amicooo... ahhhh, lascia che ti spieghi!!Questa troia...”
    “No.”
    Il mio braccio, che mi accorsi brandire una spranga di ferro arrugginita, si alzò automaticamente e assalii l'uomo prendendolo per il bavero della camicia macchiata di sperma, sangue e vomito. Lo scaraventai lontano dalla donna, dall'altra parte del vicolo.
    “Ehiii aspetta, non hai capito!! Se vuoi ce n'è anche per ...”
    La spranga non gli lasciò terminare la frase. Gli sradicai la mascella col primo colpo e poi gli spappolai il resto della faccia con il secondo.
    Agii come una furia. Di scatto. Senza ascoltare nemmeno una parola da quell'essere che anche pensandoci adesso non riuscire a definire nemmeno come animale, altrimenti offenderei un genere di esseri viventi.
    Avevo il fiatone e il cuore a mille dopo. Mi fermai di colpo, guardando lo scempio che avevo provocato. Non avevo mai ucciso prima di quella sera, ma la rabbia non si placò. Rimase li, ferma, motivandomi. Ero solo sazio per quella sera. Ma non smisi di essere arrabbiato.
    Mi voltai verso la donna, era sfinita. Si era raggomitolata in un angolo, piangeva, mormorava qualcosa, forse “aiuto”. Mi tolsi la maglia, che per quanto sporca lo era sicuramente di meno che il putridume in cui era stata fino a quel momento. Gliela misi sotto. Poi la coprii con la mia felpa. Era una bella donna. Chiamai l'ambulanza col telefono di lei. Poi glielo diedi in mano, col numero dell'ambulanza già digitato e pronto per richiamarli. Non sarebbe mai riuscita a premere i tasti con le dita ridotte in quel modo. Mi sorrise. Le mancavano 3 denti. Era stata anche picchiata violentemente, aveva ematomi ovunque. Ricambiai il sorriso. La sentii dire un debole “grazie” mentre scappavo nell'oscurità.

    I dettagli che avevo colto quella sera mi servirono per cambiare vita. In peggio direte voi. Si, forse avete ragione. Ma mi diedero una nuova forza: la forza di non avere pietà.

    Mentre scappavo, brandendo la spranga, fui fermato da un'auto nera da cui uscirono 4 persone.
    Erano ben vestiti, avevano armi probabilmente sotto le giacche.
    “Ehi tu. Fermati!”
    Scappai nel vicolo di lato.
    “Fermo o spariamo!!”
    Mi arrestai. Alzai le mani.
    “Bel modo per non attirare l'attenzione quello di correre con una spranga in mano! Dammi qua.”
    “Cosa??” -rimasi sorpreso. Non era la polizia.
    Mi presero la spranga e la pulirono con un panno. Successivamente la infilarono nell'auto.
    “Vieni con noi.”
    Mi presero sotto braccio. Non opposi resistenza, non sarebbe servito.
    Entrammo in auto e un quinto uomo, l'autista partì immediatamente, senza sgommare, infilandosi nel traffico.
    L'auto aveva i finestrini oscurati. Vedevo le luci della città, i passanti, tutto, ma nessuno poteva vedermi.
    Dopo qualche secondo di silenzio parlai.
    “Chi siete..?”
    “Siamo quelli che stanno per salvarti il culo. Gira a sinistra alla prossima Jin.”
    “Centrate qualcosa con quella donna?”
    “Lei sta bene, e' in un altra auto. La tua chiamata all'ambulanza ha solo complicato le cose.”
    “Come diavolo fate a sapere che...!”
    “Zitto, basta domande o vale in discorso di prima dello sparare.”
    Viaggiammo per qualche tempo. Vedevo la città scorrere, le luci ovattate dalla nebbiolina nera dello smog. Avevo mille domande, ma rimanevo calmo, una calma apparente. Pensai alla città. Il governo aveva istituito una specie di progetto di protezione delle città. 10 città nel mondo erano state protette sotto una cupola artificiale che le isolava parzialmente dalle radiazioni. Era impossibile uscire o entrare dalla città senza scorta militare. Double New York era una di queste, in cui vivevo in quel periodo balordo. La cupola era visibile solo quando la luce del sole la trapassava. Era costruita in un materiale semi-trasparente di plexiglas, vetro e minitro un nuovo materiale sviluppato dai militari per proteggere i carri armati durante la guerra: conoscevo alcune proprietà di questo materiale, tra cui la quasi totale impenetrabilità e la parziale schermatura dai proiettili ad uranio. Centodiciotto miliardi di dollari per costruire una cupola. Dove trovava il governo tutti questi soldi? Stavo per capirlo.
     
    Top
    .
0 replies since 30/9/2009, 19:44   38 views
  Share  
.